venerdì 29 maggio 2009

Gioia cresce - parte seconda

Si dice che l'amore non ha età, e che quando arriva ti travolge e basta, e mai più azzeccata come questa frase era la mia realtà ! Il perchè stava nella notevolissima differenza d'età fra me e Giuseppe, si proprio lui, il caro amico di mio fratello, assiduo frequentatore di casa mia, ormai sempre più spesso presente in più occasioni sia programmate che casuali. Frequentavo il primo anno del liceo, consigliatomi anche da lui, che vedeva in me una promettente studentessa, ricca di fame di sapere; lui era un esperto in merito, essendo già uno stimato professore universitario, e confidava in me un sicuro successo negli studi. Giuseppe si prodigava spesso nell'aiutarmi nello svolgimento dei compiti , era diventato quasi un altro componente della famiglia, il nostro era un appuntamento pomeridiano, fatto di studio consigli e tanto altro. Amavo tutto di lui, il suo profumo, il suo sorriso, i suoi occhi che sembravano volermi leggere dentro, il leggero tremore delle mani, scaturito dall'emozione talvolta; non si sbilanciava mai per farmi capire i suoi sentimenti, ma io li capivo bene, mi batteva il cuore a mille quando lo vedevo o quando durante uno scritto o altro mi sfiorava appena la mano( io non l'avrei nemmeno più lavata quella mano, solo per conservarne ancora la piacevole sensazione). Giuseppe mentre svolgevo un compito mi accarezzava appena il capo, giustificando il suo gesto dietro un "sei stanca vero piccola?"... ma sapevo che dietro quella carezza c'era tanto di più che una semplice constatazione della mia stanchezza. E venne il giorno della laurea di mio fratello, naturalmente c'era anche Giuseppe con noi, programmavano fra loro dopo la cerimonia della laurea il da farsi per festeggiare l'evento, ed io ero li che li ascoltavo, li osservavo; scherzavano e ridevano, mi tenevano quasi in disparte, sapevo che mio fratello non mi avrebbe mai portata con loro, io ero piccola per lui, che amore di fratello che era, per non dire... ci siamo capiti vero?? Ma Giuseppe sembrò quasi imporsi quel giorno, diceva a lui che era giusto che io partecipassi alla sua festa, e con lo sguardo cercava l' approvazione ed il consenzo da parte di mio padre, che sembrò piuttosto favorevole e quel tesoro di mio fratello, con voce strozzata, come stesse ingoiando un rospo, mi disse:"vabbè portiamo con noi anche l'addeva"(la piccola), nemmeno mi dovesse portare sulle spalle, tanto gli pesava la cosa. Ero lì per lì per dirgliene quattro delle mie e pensai "ti sei laureato, ma sempre scemo rimani"... mi guardai bene dal dirglielo, non mi avrebbe poi fatta uscire con i suoi amici: insomma, era proprio uno str.....!! Aspettavo con ansia la sera, passai un pomeriggio intero alla ricerca del vestito più adatto, volevo apparire un pò più grande, chissà il perchè! Annuisco con il mio capo mentre scrivo questa frase, perchè io sapevo bene il perchè!Volevo farmi ammirare solo da lui, Giuseppe, non mi interessava nessun altro. Indossai un bel abito da sera nero semplicissimo, scivolava dolcemente sui miei fianchi come volesse modellarli ancor di più, un accenno di "spacco"sul davanti del vestito lasciava intravedere le mie cosce, un bel decoltè metteva in risalto il mio seno, dove sulla fine della scollatura avevo applicato maliziosamente una rosa gialla, come per completare o firmare un bel quadro. Era così bello a vedersi! Avevo raccolto appena i miei capelli con un pettine bordato di piccolissimi "strass"e loro scendevano come onde sulla mia schiena, mi truccai leggermente, appena un pò di ombretto sulle palpebre ed un pò di rimmel sulle lunghe ciglia, i miei occhi chiari quella sera sembravano brillare, ero felice, un pò di lucida labbra, qualche goccia di fresco profumo... ed ecco "l'addeva"(la piccolina) che si era trasformata in una piccola donna! Mi guardavo allo specchio, mamma mia quanto mi piacevo(notare la mia innata modestia!). Come al solito sorrido mentre scrivo raccontandomi, insomma mi ero trasformata da anatroccolo a cigno... e che cigno!! Un cigno nero... troppo sexi! Ma quel tesoro, amore gioiello e non dico altro, di mio fratello, invece di farmi almeno un complimento mi guardò e disse "la ranocchietta ha fatto i restauri!". Dio l' avrei massacrato il quel momento, ma non potevo farlo, il tutto si sarebbe risolto in una delle nostre solite schermaglie fra fratelli e non potevo permettermelo, volevo uscire con loro, ed allora ingoiai il rospo limitandomi solo ad un laconico "ma vai a quel paese!", detto con classe e non chalance. Solo Giuseppe mi fece i complimenti per il mio look, guardandomi sempre con discrezione, mi mormorò "come sei bella, sbocci ogni giorno di più, la splendida rosa che porti sul seno si annulla su di te". Mi misi sulle punte dei miei piedini( lui è molto più alto di me), socchiusi gli occhi offrendogli il mio viso e lui mi baciò timidamente sul capo, e sfiorò con una carezza i miei capelli...

lunedì 25 maggio 2009

Gioia cresce...

Passavano gli anni, si allungavano i miei capelli e accorciavo le gonne, il corpo acerbo da ragazzina dava spazio ad un corpo da donna non indifferente, la vita si assottigliava e metteva in evidenza fianchi ben modellati, le mie cosce non erano più quelle di una bimba e si facevano notare bene da sotto le minigonne e i miei seni rotondeggianti litigavano con il reggiseno, non volevano proprio starci! Ma mamma diceva che non stava bene che si intravedessero i miei capezzoli da sotto la maglietta, ma era colpa mia se questi erano diventati così maliziosi? E che crescevo se ne accorgevano anche gli amici dei miei fratelli, le loro visite si facevano sempre più frequenti e il loro "sbrodolarmi" dietro era evidente! Mi divertivo quando loro facevano di tutto per mettersi in mostra, sembravano "galletti da combattimento"... che scemi! Facevano a gara a chi poteva farsi più bello ai miei occhi. Non mi interessava nessuno di loro... o meglio, quasi nessuno. Uno fra loro destava un pò la mia curiosità, un caro amico di mio fratello maggiore; era diverso dagli altri, forse perchè era più maturo, aveva un comportamento che si distaccava dal resto degli amici. Mi stava tanto antipatico però... mi chiamava "nica"( piccola), mi portava cioccolattini, peluche, anche le caramelle al melone, che roba... disgustose! Mi trattava come fossi ancora una bambina, si informava se avessi fatto i compiti( ma cosa poi gliene fregava a lui??) ed ero arrivata al punto che delle volte, quando lui arrivava a casa mia, io mi chiudevo nella mia camera. Non lo sopportavo per niente! Lui non scherzava con me come gli altri amici dei miei fratelli, non era "sbrodoloso", non faceva di tutto per esibirsi in "ruote da pavone", mi osservava con discrezione, mai scherzi o battutine sciocche, il suo massimo rapporto con me era un bacetto e una carezza sulla testa quando entrava per salutarmi, diceva un "bacetto a nicuzza prima" (un bacio alla piccola per prima), qualche frase convenevole tipo "come và a scuola?" oppure "hai mangiato tutto oggi"... e poi solea con mio fratello chiaccherare o ad ascoltare musica. Io alle volte mi nascondevo dietro la porta della camera, li osservavo attraverso la fessura dello stipite, trattenevo il respiro per non farmi scoprire da loro; mi stava tanto antipatico si, ma era davvero un bell'uomo, alto, un bel fisico da sportivo, la sua florida muscolatura era evidente e lo rendeva ancora più attraente, sempre elegante, moro di capelli, gli occhi sembravano brillare, belle labbra e denti bianchissimi si stagliavano sul viso leggermente abbronzato. Peccato che non lo sopportassi... però non era affatto male! Passavano i giorni, i mesi e le sue visite a casa mia non sò come... erano sempre più frequenti. Pian piano mi abituavo alla sua presenza, passavo un pò più di tempo allo specchio, ci tenevo a farmi trovare un pò in ordine, sceglievo il vestito che mi stesse meglio, passavo un filo di trucco, spazzolavo per bene i miei capelli; a lui piacevano tanto e mi piaceva quando distrattamente me li accarezzava, lasciava su di loro una scia leggera del suo profumo e mettevo anche le scarpe. Piuttosto frequentemente, infatti, mi riprendeva per la mia abitudine di non metterle in casa, poichè amo stare scalza, e lui con un dolce sorriso me lo faceva notare "Gioia ma sempre scalza stai!", mi diceva, e mi dava un buffetto sulla guancia, come si fa ad una bimba, per richiamarla amorevolmente. Spesso si offriva di aiutarmi per farmi ripete qualche lezione un pò ostica ed io, mentre mi spiegava qualche argomento, l'osservavo, delle volte non lo ascoltavo nemmeno, mi piaceva il suo profumo e quella piccola rughetta d'espressione che gli si formava vicino gli occhi... la sua calda voce, invece di delucidarmi, mi confondeva le idee!

giovedì 14 maggio 2009

La piccola Gioia - terza parte

Dopo una profonda riflessione, capì che non era per me la vita monacale... eh si! Perchè da piccola volevo farmi suora, ma ci pensate... me nelle vesti di una suora! Certo avrei modificato un pò lo stile monastico delle vesti, accorciato un pò le lunghe sottane, qualche "spacco" nelle gonne, dove si sarebbe intravisto un delicato reggicalze in pizzo, un pò di scollatura sui seni e poi... basta và, sennò mi scomunicano a vita!! Sarei stata una suora troppo sexi, altro che Monaca di Monza!! Così la mia vita continuava, come tutte le ragazze della mia età: studio, amiche, qualche volta a ballare, ma un pensiero era fra i miei preferiti: come "fregare" sempre i miei fratelli! Era un pensiero reciproco il nostro, forse non ci dormivamo la notte alle volte! Io, unica "fimminedda indifesa di casa", ovvero unica ragazzina indifesa (non potete immaginare come sorrido mentre scrivo), in balia di "du frati masculi prepotenti", cioè due fratelli maschi prepotenti, che facevano di tutto per farmi capire che loro erano i fratelli più grandi e bla.. bla.. bla.. e dovevo sottostare a certi criteri maschilisti. "A mia sti cosi?"(a me queste cose?)... Mai! Erano loro che dovevano cambiare il loro modo di pensare, non sia mai detto che mi fossi piegata facilmente assecondandoli, io "mi spezzo,ma non mi piego!" Insomma era una lotta continua, dove le armi a disposizione erano fatti di scontri verbali, dove venivano fuori divergenze di opinioni reciproche, tipo una frase che li mandava in bestia quando dicevo loro "Dio creò la donna per farsi perdonare di aver creato l'uomo". Non vi dico per educazione la loro risposta... che sicuramente avrete intuito! Avevo anche imparato un trucco per non farmi prendere per le trecce durante corse improvvise per fuggire dopo qualche mio dispetto, come ascoltare le conversazioni telefoniche con le loro innamorate, dove davano il meglio di loro stessi sdolcinandosi come non mai, e poi iniziavo a deriderli, mi passavo le lunghe trecce intorno al capo e le bloccavo con dei fermagli e poi ... pigliatemi se ce la fate! E vi dirò di più, avevo imparato a batterli al gioco del poker. Ero bravissima a" bluffare", nelle calde serate estive in campagna delle volte si organizzavano partite a poker all'ultimo sangue con i miei fratelli, qualche volta c'era anche un loro amico, e si dava inizio alle più agguerrite giocate a poker. Immaginate una sera d'estate fra i profumi delle zagare, il canto dei grilli, falene che si divertivano a girare intorno alle lampade e copiosi grappoli dorati d'uva che pendevano da sotto il patio di casa nostra che si trasformava in una bisca, sulla tavola non mancavano bibite fresche, mandorle secche, biscottini, ciliege o fichi. Io, anche se come al solito non avevo gioco in mano, rimanevo impassibile, non lasciavo trasparire una piega di disappunto sul mio viso, con sigaretta al lato delle labbra, fumo che mi appannava la vista, rilanciavo sempre facendo credere chissà cosa avessi in mano e li guardavo dritta negli occhi, con sguardo freddo, da vera professionista del poker, non dovevo far capire loro che spesso non avevo nemmeno una semplice coppia in mano ma che li stavo fregando per bene! Era alla fine però che le cose si capovolgevano, perchè quando si accorgevano che bluffavo... erano davvero corse alla sopravvivenza, ci tiravamo di tutto mandarini, fichi, ci scambiavamo parole affettuose non ri petibili, il tutto accompagnato dai rimproveri di mia madre che cercava di tenerci calmi dicendoci di non gridare che non stava bene comportarsi come noi stavamo facendo... ma lei gridava più di noi! Ah questi uomini, non ammettono nemmeno la sconfitta... onesta, in una partita a poker.

mercoledì 6 maggio 2009

La piccola Gioia - seconda parte

Ma cosa pensavate che io fossi solo tutta riflessioni e libri ?? Nooo! Per niente, anzi... vi voglio racontare qualche espisodio della mia infanzia ed un pò di me, per darvi un'idea di come fossi "riflessiva". Da piccola frequentavo un istituto di suore molto noto a Catania, era gestito da suore ferree, era d'obbligo la "divisa scolastica", un completo composto da una gonnellina a pieghe bleu, camicina bianca con collettino rotondo e giacchetta con taschino dove mamma aveva ricamato le mie iniziali. Com'ero dolce, seriosa nella mia divisa... sembrava portassi un peso addosso, non era per me la divisa! Ero una bambina, non sapete come io sorrida mentre ricordo, ero una bambina educata, rispettosa, sempre pronta ad aiutare la compagna di banco, silenziosa, attenta... ma che, proprio per niente!! Non è che non stessi attenta, anzi, fissavo la suora negli occhi, tanto da sembrare molto interessata alla lezione, ma la mia testa se ne andava altrove... non era colpa mia, giuro! Lo facevo senza accorgermene, ma suor Nina se ne accorgeva e mi "trillava" con un richiamo ad alta voce che sembrava una scossa nel mio cervello, pensavo che forse era meglio se si fosse data alla lirica... faceva certi acuti!! Insomma mi strillava, non riusciva a capirmi, la mia mente andava oltre... pensavo "ma quando la finisce??". Ricordo la mia compagna di banco, si chiamava Rosanna, aveva il viso di quelle che proprio non volevano far niente e cercavano di fregare il prossimo, suor Nina l'aveva messa vicino a me, diceva che dovevo aiutarla certe volte... ma certe volte!!! Lei voleva che svolgessi anche tutti i suoi compiti, mi copiava i problemi e mi tirava anche le trecce se non l'aiutavo, insomma una sfaticata, mi aveva scambiata per una missionaria, tutta dedita ad aiutare! No, per niente, io per dispetto le prendevo la merenda dallo zaino, almeno mi facevo pagare i servizi resi! E poi piangeva sempre, era una vera lagna! Due della mie insegnati erano davvero "una strana coppia", ricordate Stanlio e Ollio? Identiche, solo che erano vestite da suore. Una magrissima, Suor Chiara, smunta in viso, con l'aria svanita, occhialini rotondi neri sul naso, l'altra grassa, suor Giovanna, con il viso cicciotello e due guance rosse che pareva avesse preso un colpo di sole in viso, che incorniciato dalle fasce bianche del copricapo talare sembrava che potesse esplodere da un momento all'altro. Non mi capacitavo come potesse essere così, diciamo "rotondeggiante", la mia curiosità innata non mi dava pace, dovevo capire perchè fosse così diversa da Suor Chiara, così mi infilaì sotto le sue vesti, dovevo constatare personalmente!... Non vi dico che scandalo! Ricordo come fosse adesso, lei si divincolava, alzava le sottane, gridava "esci subito Gioia", gridava come se le si fosse infilato un topolino sotto l'abito talare, io per la paura mi aggrappai ad una sua gamba che sembrava un cosciotto roseo, pensandoci sorrido, avevo profanato le sottane di Suor Giovanna! Ne seguirono lamentele e rimproveri vari, accompagnate dalla presenza di mio padre che, scusandosi con Suor Giovanna, quasi sembrava volesse sprofondare per l'accaduto... ma cosa pensate fosse stato meglio portarmi il dubbio della differenza di fisico per tutta la vita? Grossi lacrimoni scendevano sul mio viso, papà non sapeva resistermi, lui mi capiva, mi prese in braccio e come per consolarmi mi disse "Gioia, tesoro mio, ma giusto le cosce di Suor Giovanna dovevi andare a guardare? La mia paura è che adesso non ceni per lo spavento!"... e sbuffò in una fragorosa risata. Mi strinse a sè, non sapeva essere severo più di tanto, Dio quanto mi manca! Un bacio papà.

domenica 3 maggio 2009

La piccola Gioia - prima parte

Stanotte son rientrata un pò tardi, ma si sa che quando si è con amici e la compagnia è piacevole il tempo vola ed ho anche esagerato un pò, cosa che non è da me, bevendo un pò di birra che mi ha fatto star male questa notte... giuro, non esagererò più! Stamattina a fatica mi sono alzata, sembra come se mi fosse passato un camion addosso, la mia gattina Miss mi guardava perplessa, barcollavo un pò ed avevo un tremendo mal di testa. Subito occorre del caffè nero amaro, almeno mi rimetto sù, nemmeno avessi fatto una sbornia, non reggo nemmeno un paio di bicchieri di birra! Mi guardo allo specchio: oh mamma mia!! Sono io quella che si riflette?? Il mio viso è pallido, fa quasi concorrenza al colore della mia camicia da notte, se non fosse per il corpino ricamato con variopinti mazzolini di fiori mi confonderei con la stessa! Su, non mi resta che schiarirmi le idee sotto l'acqua della doccia, ultima ancora di salvezza in questo momento, ho troppo da fare, devo darmi una smossa! Mamma mi ha mandato alcuni pacchi di libri, non li ho ancora aperti, tutti aspettano pazientemente che io li apra. Avvolta da un morbido accappatoio rosa, con i capelli trattenuti a"turbante", mi sento rinata! Ci voleva una bella doccia. Prendo alcuni libri dallo scatolone, devo darci sotto, mi rimane poco tempo e sono allo sprint finale, non posso più dormirci sopra! Mentre pettino i miei lunghi capelli sfoglio le pagine di un libro, oddio... una foto di mio padre con me in braccio, è stata mamma sicuramente a metterla lì, dove sapeva che l'avrei trovata senz'altro. Che bella sorpresa! Istintivamente bacio il viso di mio padre, la porto sul mio seno come per abbracciarlo, com'ero piccola in questa foto, indossavo un vestitino di carnevale, quello di cappuccetto rosso... non lo sopportavo! Sul mio viso si nota tutto il mio diniego verso di esso, avevo un viso imbronciato che affiorava da un cappuccio rosso di raso con merlettino bianco, le mie trecce scivolavano giù sin al grembiulino bianco, sembravo una pantera nelle vesti di cappuccetto rosso... tanto ero nera quel giorno! E mio padre che mi osservava perplesso, come fosse già pentito di avermi fatto indossare quella mascherina. Lui mi capiva, eravamo quasi in simbiosi noi due. Figlia voluta, desiderata, alla nascita mia madre mi raccontava che lui piangeva per la felicità, non riusciva a dire altro "che gioia, Dio mio, che gioia che mi hai dato"... ed ecco da lì il mio nome Gioia, certo non usuale, non classico ne esotico, ma rispecchiava lo stato d' animo di mio padre: era nata la sua Gioia. Sono nata di Maggio, al mattino presto, dopo un lungo travaglio di parto, mamma diceva che mi complicavo la vita sin d'allora; son cresciuta in una famiglia dove, senza retorica, vige amore, rispetto e comprensione. I miei fratelli a modo loro hanno cercato di adeguarsi sin dall'inizio all'arrivo dell' "intrusa", ho scombinato in un certo senzo la loro territorialità: insomma, era arrivata quella che li avrebbe messi in riga!! Non potete immaginare come sorrido se penso come mi risponderebbero adesso e non mi sogno di trascriverlo, sarebbe anche diciamo... volgare?! Sin da piccola, mio padre mi diceva che avevo una marcia in più rispetto a gli altri bambini, io ho sempre pensato lo dicesse per amore, lui era il mio punto fermo nell'età dei cento perchè, spesso rivolgendomi a mia madre per avere una spiegazione per un dubbio mi vedevo rimandata indietro da un "poi te lo dico "; forse troppo occupata per il suo da fare, non sempre mi accontentava ed io non me la prendevo più di tanto, poi avrei aspettato papà, lui non mi avrebbe lasciata con i miei dubbi nei miei molteplici "perchè??". Lo aspettavo la sera, mi metteva sulle sue ginocchia ed io mentre lui cenava cominciavo a chiedere "papà, mi dici perchè si nasce, perchè vengono le malattie, perchè perchè?"... lui non si stancava mai, cercava di spiegarmi le cose in modo semplice per appagare la mia fame di sapere. Mio padre mi insegnò a scrivere e a leggere: non avevo nemmeno cinque anni, forse meno, e già sapevo leggere e scrivere grazie alla sua pazienza. Ricordo le mie prime " parole crociate", mi piaceva farle; certo, facevo le più semplici, ciò che non sapevo me lo cercavo sui libri, come faceva lui e come mi aveva consigliato di fare. La mia maestra delle elementari non credeva che facessi questo, e ricordo mi mise alla prova alla lavagna, con un semplice quadro somigliante allo schema delle parole crociate con semplici domande ad incastro, a cui io davo la risposta completando il quadro. Mi disse "tu, piccolina, sei davvero una Gioia!"... era commossa e stupita, io pensai fosse solo molto affezionata a me. Passavano gli anni, crescevo, il mio corpo acerbo si trasformava, si riempivano i miei fianchi, si arrotondavano i miei seni, i tratti somatici di bambina lasciavano sul mio viso il posto a quelli di donna, conservando gli occhi chiari come quelli di mio padre e la folta chioma di lunghi capelli mori come quelli di mia madre su una carnagione rosea che dava risalto al tutto. Caratterialmente sono molto paziente, ma come carattestica del mio segno zodiacale, il Toro, se poi tirano" troppo la corda" allora poi vedo rosso e vi assicuro che divento davvero furiosa!! Amo l'arte, la scultura, la pittura, dipingo quando ho del tempo libero, ho molta fantasia; non mi fermo ad una sola risposta, ne ricerco delle altre per appagare i miei perchè, che ancor oggi mi accompagnano nella mia "fame di sapere". Non sopporto l'arroganza, sinonimo di ignoranza, e il non rispetto verso il prossimo, amo la mia musica, ma quella che piace a me, fatta di note classiche che mi rilassano ed accompagnano i miei pensieri. Amo i miei silenzi, il ricercare me stessa quando la solitudine è la mia compagna e sono solo io e me stessa, e cerco di analizzarmi per migliorarmi. Anche da fanciulla avevo le mie giornate "no", prendevo qualche libro e mi chiudevo nella mia cameretta, fra le mie cose, volevo restare da sola, noncurante delle lamentele di mia madre che giustificava il tutto con un "oggi la signorina ha la luna storta"! Forse aveva anche ragione mamma, ma io sentivo il bisogno di isolarmi, forse per ricercarmi....